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[983-1007] libro i. 41

Si rivolgono al mare, infin ch’a’ monti
Si giran l’ombre, infin c’ha stelle il cielo,
985I tuoi pregi, il tuo nome e le tue lodi
Mi saran sempre, ovunque io sia, davanti.
     Ciò detto, lietamente a’ suoi rivolto,
Al caro Ilïoneo la destra porse,
La sinistra a Sergesto, e poscia al forte
990Cloanto, al forte Gía: l’un dopo l’altro
Tutti gli salutò. Stupì Didone
Nel primo aspetto d’un sì nuovo caso,
E d’un uom tale, indi riprese a dire:
     Qual forza, o qual destino a tanti rischi
995T’hanno in sì strani, in sì feri paesi
Esposto, o de la Dea famoso figlio?
E sei tu quell’Enea che in su la riva
Di Simoenta il gran dardanio Anchise
Di Venere produsse? Io mi ricordo
1000Quel che n’intesi già da Teucro, quando,
Fuor di sua patria, il suo padre fuggendo,
Nuovi regni cercava. Egli a Sidone
Venne in quel tempo a dar sossidio a Belo.
Belo mio padre allor facea l’impresa
1005E ’l conquisto di Cipro. Infin d’allora
Io del caso di Troia e del tuo nome
E de l’oste de’ Greci ebbi notizia.


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