Pagina:Eneide (Caro).djvu/55

14 l’eneide. [308-332]

Sazio, che, come sette eran le navi,
Sette non ne vedesse a terra stesi.
310In questa guisa, ritornando al porto,
Gli spartì parimente a’ suoi compagni;
E con essi del vin, che ’l buon Aceste
A l’uscir di Sicilia in don gli diede,
Molt’urne dispensò per ricrearli.
315Poscia, a conforto lor, così lor disse:
     Compagni, rimembrando i nostri affanni,
Voi n’avete infiniti omai sofferti
Vie più gravi di questi. E questi fine
(Quando che sia), la dio mercede, avranno.
320Voi la rabbia di Scilla, voi gli scogli
Di tutti i mari omai, voi de’ Ciclopi
Varcaste i sassi; ed or qui salvi siete.
Riprendete l’ardir, sgombrate i petti
Di téma e di tristizia. E’ verrà tempo
325Un dì, che tante e così rie venture,
Non ch’altro, vi saran dolce ricordo.
Per vari casi, e per acerbi e duri
Perigli è d’uopo a far d’Italia acquisto.
Ivi riposo, ivi letizia piena
330Vi promettono i fati, e nuova Troia
E nuovi regni alfine. Itene intanto:
Soffrite, mantenetevi, serbatevi


[192-207]