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4 l’eneide. [58-82]

Se ne gian baldanzosi, e con le prore
E co’ remi facean l’onde spumose;
60Quando punta Giunon d’amara doglia,
Dunque, disse, ch’io ceda? e che di Troia
Venga a signoreggiar Italia un re,
Ch’io nol distorni? Oh, mi son contra i fati!
Mi sieno: osò pur Pallade, e poteo
65Ardere e soffocar già degli Argivi
Tanti navili, e tanti corpi ancidere
Per lieve colpa e folle amor d’un solo,
Aiace d’Oilèo. Contra costui
Ella stessa vibrò di Giove il telo
70Giù dalle nubi; ella commosse i venti
E turbò ’l mare, e i suoi legni disperse:
E quando ei già dal fulminato petto
Sangue e fiamme anelava, a tale un turbo
In preda il diè, che per acuti scogli
75Miserabil ne fe rapina e scempio.
Tanto può Palla? Ed io, io degli Dei
Regina, io sposa del gran Giove e suora,
Son di quest’una gente omai tant’anni
Nimica in vano? E chi più de’ mortali
80Sarà che mi sacrifichi, e m’adori?
     Ciò fra suo cor la Dea fremendo ancora,
Giunse in Eolia, di procelle e d’austri


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