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[745-769] libro vi. 275

745Fu mai, chi tanto osò, cui si permise
Che facesse di te strazio sì fiero?
La notte che seguì l’orribil caso
De la nostra ruina, io dí te seppi
Ch’assaliti i nemici e di lor fatta
750Strage che memorabile fia sempre,
Tra le caterve de’ lor corpi estinti,
Stanco via più che vinto, alfin cadesti;
Ed allor io di Reto in su la riva
A l’ombra tua con le mie mani un vòto
755Sepolcro eressi, e te gridai tre volte:
E ’l nome e l’armi tue riserba ancora
Il loco stesso. Io te, dolce signore,
Nè veder nè coprir di patria terra
Avanti il mio partir mai non potei.
760Deífobo rispose: Ogni pietoso,
Ogni onorato officio, Enea mio caro,
Ha l’amor tuo vèr me compíto a pieno.
Ma l’empio fato mio, l’empia e malvagia
Argiva donna a tal m’ha qui condotto;
765E tal di sè lasciò memoria al mondo.
Ben ti ricorda (e ricordar ten dèi)
Di quell’ultima notte che sì lieta
Mostrossi in pria, poi ne si volse in pianto,
Quando il fatal cavallo il salto fece


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