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CAPITOLO XXIII Discorso sopra alcuni particolari delle note.

Volendo far conoscere alli prencipi il bene che ne seguirebbe per r impressione delle dette note, ho posto in disegno il suddetto essempio, accioché, parendo loro, possano ordinare che tutto ciò sia essequito e nelle zeche osservato. E tengo per fermo che non sará persona, di qualunque stato o grado esser si voglia, ch’opponga che la detta impressione non si debba fare su le monete e d’oro e d’argento che per l’avenire si faranno; e ciò per esser cosa necessaria e di grandissima importanza ed utilissima nel general fatto delli danari, ed anco perché è cosa di ragione. Egli è vero ch’essi prencipi tolerar potrebbono che non vi s’imprimesse l’ultima nota, cioè numero i, che denota libra una, essendo che manifestamente sará inteso da ciascuno, per le note del terzo ordine, quante monete del medesimo valore e lega n’anderanno in numero alla libra. Sará ben cosa convenevole eh’ i principi, quali faranno far zeche o batter monete secondo quest’ordine, facciano imprimere su le monete (secondo il solito) le loro effigi o imprese con i nomi loro, e con quella maggior bellezza che fía possibile, accioché loro avenga non altrimenti che delle medaglie degli antichi imperadori e altri signori. Avvertendo ancora che, si come si variano le leghe o finezze, i pesi ed i valori delle monete, si debba osservare che anco siano mutate le imprese o altri simili segni di ciascuna sorte di esse monete, e tanto di quelle di una cittá quanto di quelle d’un’altra, affinché quelli che non hanno cosi piena intelligenza di monete, o terrieri o forestieri, non pigliassero quelle di minori valori in luogo di quelle di maggiori, si come ciò facilmente intervenir potrebbe.

E quantunque nella detta tariffa dell’argento io abbia descritto che le monete nominate «fine» si dovessero fare di lega di once II e denari 12, nondimeno dico che se ne potrebbono anco