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mano alle bilance per pesarle, con un «boto a Dios\», con un «mordieu\» o con un «cospettaccio !», a forza fa che le monete, ancorché storpie, bisogna che corrano a loro dispetto. Onde io non saprei qual premio non meritasse uno che sapesse trovar modo d’estinguere dal mondo questa peste de’ falsari e tosatori, e far si che non fosse piú possibile falsificare o tosar le monete; mentre non ha bastato finora che a’ falsari sia destinato nelle leggi sassoniche, non meno che nelle venete, la pena d’esser arsi vivi, e che a’ tosatori in Egitto si tagliassero ambe le mani, ed in oggi per tutta l’Europa siano gli uni e gli altri puniti con una forca ignominiosa.

La repubblica fiorentina costumò ancora a’ suoi tempi il fuoco a’ falsari: onde il suo poeta Dante introduce un maestro Adamo, monetario falso, che aveva, ad istanza de’ conti di Romena, contrafatto il conio de’ zecchini gigliati òhe, da un lato il giglio, dall’altro il san Giovanni Battista tenevano; e fa ch’egli dica a Vergilio:

Ivi è Romena, da dov’io falsai la lega sugellata del Battista, per cui il corpo lá su arso lasciai.

E poco piú sotto, parlando de’ conti di Romena, dice lo stesso mastro Adamo:

Io son per lor tra si fatta famiglia, e m’indussero a batter í fiorini, che avevan tre caratti di mondiglia.

Ma il peggio è che i soldati alzano da loro stessi la valuta alle monete migliori, cambiandole quasi per forza a maggior prezzo; e si trovano principi che non solo lasciano correre il disordine, ma l’autorizzano col suo pagare eglino stessi gli stipendi dei soldati a’ prezzi abusivi che sono stati introdotti, allettati dal vantaggio che sente in quel principio l’erario: ma ne pagano di poi un’usura ben grande nella diminuzione delle entrate regie, eh’ è una necessaria conseguenza dell’alzamento stesso, come si dimostrò sopra il capitolo decimosecondo. Cosi