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per meno; onde gran parte, e massime de’ piú poveri, se la passava senza comprarne. Li nobili stessi, che riscuotevano le entrate loro a fiorini, trovavansi con la metá delle primiere entrate, mentre per far looo ongari bastavano giá seimila fiorini d’affittanze, ed ora meno di dodicimila non ci volevano a farne il cumulo. Le pubbliche gravezze, che pure a fiorini si contavano, non rendevano piú al re ed alla repubblica se non la metá di prima; ed il volerle crescere a quei popoli, pur troppo afflitti dalle passate guerre, era, per lo timore di sollevazioni e tumulti, cosa impossibile. Le soldatesche, che si videro restato lo stipendio, benché sotto nome della stessa quantitá de’ fiorini, la metá sola del suo valor vero primiero, s’ammutinarono e diedero campo alle discordie intestine, ben fastidiose di quel regno, che tanto angustiarono l’animo di quel buon re Casimiro. Anzi, ne’ progetti d’aggiustamento fra esse milizie ed il sovrano, proponevano sempre per primo capitolo delle pretese soddisfazioni le teste degli italiani zecchieri ed altri ministri, creduti autori della trista moneta. Della serie di quelle turbolenze non accade giá farne racconto, perché ella è ormai nota nelle storie appresso pili autori, essendosi alla malcontentezza delle soldatesche per le monete mescolata l’ambizione e l’interesse de’ grandi, con pericolo di total sovversione del governo. Insomma le debolezze, nelle quali s’andò precipitando da questi disordini quell’importante e vasta monarchia, benché cominciate dalle guerre svezzesi, non hanno finito senza la perdita della Podolia e dell’ Ucrania, di cui s’impadronirono i turchi con piú fortuna che valore, mentre ebbero a fronte un regno che altre volte, sano ed unito, averebbe ben facilmente fiaccate le corna alla lor luna. Ma che? in questo stato d’infermitá e disunione, non potè se non cedere una parte per non perdere il tutto.

Ma egli è cosi universalmente vero che l’alzamento delle monete apporta infiniti danni a’ principi ed a’ popoli insieme, che io, senza addurne altri esempi in questo luogo (perché ne’ seguenti capitoli averò nuova occasione di farlo), non voglio . con altro provar la mia proposizione, che con ridurla a calcolo, e mostrarne, come suol dirsi, col dito manifesti gli effetti.