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d’oro, come d’argento, contenere caratti 1152, perché ogni oncia è caratti 144. Ogni caratto in grani 24 si divide. Onde spiegano la bontá de’ medesimi metalli col dire «oro ed argento di pezo (cioè peggio) 60», e vuol dire che ogni marca contiene 60 caratti d’altro metallo peggiore; «pezo 150» vorrá dire che ogni 1152 ne sono 150 di lega; e «pezo nulla» vuol dire oro di 24 caratti od argento di copella, ecc. E cosi secondo ogni proporzione, eccettuato quando l’oro o l’argento fosse minor quantitá della metá della massa; perché allora non contano il pezo, ma il fino: onde diranno che i traeri, o siano grossi d’AlIemagna, hanno di fino 492, quando d’ogni marca, che contiene 1152 caratti, ne sono solo 492 d’argento fino, ecc.

La bontá dunque del metallo delle monete s’intende quella quantitá di metallo fino, che in esse si contiene in proporzione dell’ intiero tutto. E la valuta inti’inseca delle medesime da questa e dal giusto peso dipende; ed allora si dice una moneta non esser di giusta bontá, quando o nella bontá del metallo o nel peso è manchevole di quello dev’essere secondo la legge del principe. Edi qui hanno origine due specie di falsari: quelli, cioè, che, levandone dal metallo, o col tagliarne attorno o in altro modo, le levano del peso, e sono detti «tosatori di monete»; e quelli che, falsamente fabbricandole di nascosto ed imitando il conio pubblico, le fanno di materia inferiore o di bassa lega, e sono nomati «monetari falsi». Questa giusta lega e giusta bontá delle monete, dunque, deve esser da’ principi cosi regolata nel valutarle intrinsecamente, cioè nel dichiarar a quante lire o soldi delle monete inferiori elle debbano spendersi, essendo questa la valuta intrinseca loro, che non si scosti da quella proporzione universale che fra’ mercanti comunemente corre nei prezzi dell’oro ed argento. Imperciocché, se, per esempio, un principe, che ha suoi scudi d’oro, che solevano valere 15 hre l’uno, e con una marca di tali scudi si comprano 14 marche e ’/z d’argento in scudi da 8 lire l’uno; se, dico, lascia crescere il valore dello scudo d’oro alle 18 lire e stabilisce che anche gli scudi d’argento si spendano a 9.12, torna la stessa proporzione di prima, perché, anche a questo prezzo, per una marca d’oro