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CAPITOLO IX

Che, quando si dice crescer di valore le monete, perché si valutano piú lire o soldi immaginari, piú propriamente si deve . intendere che le lire, soldi, scudi immaginari scemino di prezzo.

Sembra a molti un paradosso questa proposizione, ch’io spero di provare non solo verissima, ma di servirmene con profitto a render chiare le ragioni vere dell’alterazione delle monete.

Abbiamo ne’ capitoli antecedenti fatto vedere che l’oro e l’argento sono l’uno dell’altro misura e prezzo: sicché, preso l’oro come mercanzia, si dice ch’egli vale tanto argento l’oncia; e preso l’argento altresí per mercanzia, si dice che vale tant’oro alla libbra. E, qualora le monete dell’uno e l’altro siano a suo giusto valore tassate secondo la proporzione che corre piú universalmente nel traffico mondano, uno per l’altro si baratta giusta quella loro tassazione o valuta eh’ è loro destinata. E da queste sole monete giá mostrammo doversi prendere il vero prezzo e valore delle cose, non da quelle di rame o di bassa lega, le quali non hanno in sé intrinsecamente quel valore che per sola autoritá del principe rappresentano.

Dunque, se ci figuriamo che valesse la dramma d’oro fino, o pur vogliamo dire il zecchino di Venezia, sei anni fa 360 soldi, ed oggi si spende per 400, quali di questi due propriamente ha mutato valore: il zecchino o il soldo? Se il vero valore delle cose sta nell’oro e nell’argento, ed il zecchino non valerá piú quantitá d’argento di quello valeva prima, ma solo si valuterá piú soldi o piú lire immaginarie, conservando in se stesso la stessa bontá e peso che aveva prima, dunque non averá mutato valore, ma bensi l’averanno mutato i soldi e le lire immaginarie, delle quali ne vanno tante piú a fare un zecchino, che prima non andavano. Che ciò sia vero, vedesi che, all’alzare che fa una moneta, come è stato il zecchino, s’alzano quasi immediatamente tutte le altre, cosi d’oro come d’argento. Onde lo scudo anch’egli è passato da 192 a 200 soldi; ed il