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Il che a’ nostri giorni proviamo in Italia, ove in particolare la nazione genovese, gli anni passati, non trovando in che impiegare i molti contanti che aveva, li dava in altri paesi a due o tre per cento: onde molte religioni ed altre persone ne hanno tolto a censo perpetuo, e hanno con essi estinti i censi, che avevano con altri a 5, 6, 7 per cento, riducendoli a 2 e 3. Sebbene non è tanto di ciò cagione l’accrescimento d’oro e d’argento in Italia quanto la mancanza del traffico, che, scemando ogni di piú, fa che i mercanti restano col soldo inutile in mano.

CAPITOLO III

Dell’alterazione che ricevono i prezzi delle cose dall’abbondanza o raritá delle medesime, data la stessa quantitá di monete nel mondo.

Abbastanza s’ è fatto conoscere nel precedente capitolo come l’abbondanza o caristia dell’oro o dell’argento nel mondo altera i prezzi delle cose; onde sará facile da intendere come nelle cittá di traffico, ove piú oro ed argento corre che in altre, sia piú caro il vitto, non perché minor quantitá vi se ne trovi che in altre, ma perché vi è piú con che pagarlo. Resta ora a considerare come, data la stessa quantitá d’oro e d’argento nel mondo o in qualche particolare cittá, la raritá o frequenza delle comoditá o cose contrattabili, cresce e scema il loro valore. E, sebbene l’argomento pare sia di cosa assai chiara e notoria, nondimeno non sará di poco utile all’intelligenza delle cose da dirsi l’aver versato qualche poco sopra di esso.

Io intendo «abbondare una cosa», non quando in fatti molta quantitá di essa se ne trova, assolutamente parlando, ma quando ve ne ha gran copia, rispetto al bisogno, stima e disiderio che ne hanno gli uomini.

La seta a’ tempi di Aureliano Cesare era cosi rara, che non valeva né piú né meno d’altrettanto oro a peso: onde Vopisco nella vita di quell’imperadore narra ch’egli <(.vestem holosericarn