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le quantitá di ogni sorte di monete, e poi facendo i cambi di esse, si piglierá solo il laggio ordinario, come sarebbe un quattrino per lira delle piú bisognevoli, e cosi mezo quattrino delle men bisognevoli, e secondo che saranno d’accordo i cambiatori con quelli che vorranno cambiare; ed anco alle volte si desidererá piú di avere delle monete fine che delle basse, per molte cagioni.

E per le suddette ragioni l’oro e l’argento verranno dispensati e compartiti pesatamente in corrispondenza in fare ogni e ciascuna moneta, e grossa e picciola, e similmente, essendo grezi, verranno contrattati regolatamente, come nel capitolo xxix si tratta; e anco in poco spacio di tempo gli abusi e i disordini occorsi e che si sogliono usare intorno al fatto delle monete, e in particolare il cavar le fatture dal corpo di esse, passeranno in oblivione perpetua.

CAPITOLO XLIII

Breve discorso sopra le zeche in universale.

Essendosi nelli precedenti capitoli fatta menzione di molti ordini particolari finora osservati nel far le monete cosi d’oro come d’argento, mi par anco esser cosa convenevole, per modo di replicazione, di nuovo trattarne in universale. Però dico che in zeca alcuna, dal tempo che si sono cavate le fatture dal corpo o dosso delle monete in qua, non si è mai lavorato, né meno si lavora se non in disproporzione, o di qualche poco o di assai, in quanto alla real forma ora proposta. E il piú delle volte si lavora con quegli ori ed argenti o monete vantaggiose, che nelle istesse cittadi ove si fanno le zeche esser si trovano, per far danari per uso delle proprie cittá, i quali alle volte sono poi stati trasportati in altri luoghi e spesi per maggiori valori di quelli ch’erano stati fatti; la qual cosa è di moho utile ad alcuni particolari, ma di grandissimo danno a molti. Laonde si dee molto ben considerare che il rimovere