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verde e amaro come il fiele; non sapeva perchè, ma gli sembrava che i cani, allorquando si pesta loro la coda mentre dormono, debbano provare ciò ch’egli provava se lo molestavano nelle ore di ebbrezza. E si arrabbiava e non vedeva più nulla.

Ah, sì, l’acquavite gli piaceva molto; ed anche il vino gli piaceva, ma non come l’acquavite. Anche il padre di Brontu aveva amato l’ardente liquore: tanto che una volta, dopo averne bevuto assai, era caduto sul fuoco, e in modo tale, Dio ne liberi, che per le bruciature sofferte era morto. Basta, lasciamo questi pensieri melanconici, ora si è più avveduti e non si cade sul fuoco. Eppoi Brontu, per equilibrarsi, aveva anche l’altra passione per Giovanna. Ah, l’acquavite e Giovanna! Le cose più belle, più ardenti, più inebbrianti del mondo. Però Brontu Dejas era timido con Giovanna quanto era ardito con l’acquavite; tremava al solo pensiero di avvicinarla, di parlarle. Nei giorni in cui sapeva che ella lavorava presso zia Martina, egli spasimava dal desiderio di tornare in paese, di vederla in casa sua, di guardarla, ma non osava muoversi dalla tanca. Ma il tempo passava, e il giovine si sentiva divorato dall’attesa e da una inquietitudine profonda; aveva paura che Giovanna, s’egli tardava ancora, lo rifiutasse un’altra volta. Egli voleva dimostrarle la sua premura, dirle che per confortarla avrebbe voluto sposarla subito, appena condannato Costantino. Infine, egli pensava un po’ diversamente dagli altri; ma era fatto così e non poteva cambiarsi. In fondo egli era di buon cuore, come tutti gli ubriaconi, e