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— Perchè veramente volevo starci io lassù: qui si soffoca. Qual migliore forestiero di me?

— Abbi pazienza fino a domani, figliolino mio. Esse sono povere ospiti...

— Oh Dio, che barbari costumi, quando finiranno? — egli chiese indispettito.

— Lo chiedo anch’io, — disse zio Efes Maria, che s’era messo a leggere il giornale. — Mi rompono le scatole queste donne. Ebbene, cosa ne dici tu del nuovo Ministero?

— Io me ne infischio, — egli rispose ridendo, perchè ricordava quel personaggio della Dame chez Maxim, delizia del teatro Manzoni, del quale egli era un habitué.

E andò a guardare certi libri che aveva riposti in una nicchia in fondo alla stanza. Minnìa e il fratellino erano usciti nel cortile; Grazia, seduta davanti alla tavola, coi pugni nelle guancie, guardava sempre lo zio. Ed egli le si rivolse:

— Tu leggi romanzi, non è vero?

— Io no, — diss’ella arrossendo.

— Ed io ti dico che se ti trovo io, leggendo certi libri, te li scaravento sul capo...

Le labbra di lei tremarono: per nascondere il suo pianto s’alzò ed uscì fuori, e sentì che i fratellini litigavano ancora a proposito del portamonete col papa.

— In quanto a rubare, — diceva il bambino, — tu stai zitta, perchè tu con quell’altra che è lì, quella pertica, oggi voi avete venduto del vino e vi siete tenute i soldi...