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frotte di conoscenti, li ubbriacava, si ubbriacava anch'egli, ed allora cominciava a raccontare la sua vita al reclusorio, e ingrandiva le cose in modo straordinario.

Così i suoi soldini se ne andavano, e quando Isidoro lo sgridava, egli diceva:

— Ebbene, io non ho figli, io non ho nessuno a cui pensare. Lasciatemi in pace.

D'altronde contava sull'eredità dello zio assassinato, eredità che i parenti promettevano di restituirgli senza ricorrere alla giustizia.

— Allora, — diceva, — venderò tutto, e me ne andrò. A voi darò cento scudi, zio Isidoro.

Ma il povero uomo non voleva niente. Voleva soltanto che Costantino ritornasse quello che era prima della disgrazia, buono, laborioso, non finto.

Perchè il vecchio sentiva che il disgraziato fingeva, e ne provava un dolore profondo: spesso però lo sorprendeva con le lacrime agli occhi ed allora il suo vecchio cuore sussultava di gioia.

— Che hai, figlio di Dio? — gli chiedeva. Ma Costantino si metteva a ridere mentre le lagrime gli solcavano le guancie. Ciò era orribile.

Qualche volta andavano assieme alla pesca delle sanguisughe, e mentre Isidoro stava con le gambe ignude immerse nell'acqua giallognola e morta, in un punto ove il ruscello stagnava, Costantino, sdraiato sui giunchi, raccontava storielle sulla vita dei compagni di pena, e guardava l’orizzonte con strana nostalgia.

Andarsene! Andarsene! Egli avrebbe voluto an-