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— Mi fai venire il desiderio di rompertelo sul muso, — disse. — Gli uomini come te meritano ciò che fu fatto a te. Ebbene, prenditi almeno la purga, stupidone.

— Quello lo farò! — esclamò Costantino. E rise; ma le parole del «dottore» gli lasciarono una profonda impressione. Ah, sì, in certi momenti sentiva impeti ardenti di disperazione: egli diceva di voler andar via, ma non sapeva precisamente ove sarebbe andato, e non sapeva che avrebbe fatto se rimaneva in paese. Pensava:

— Io non ho casa, io non ho nessuno. Oggi vengono a salutarmi, per curiosare, ma domani nessuno più si ricorderà di me. Io sono come un uccello senza nido. Che farò io?

Le parole del «dottore» gli rombavano nella mente. Andare, andar là, piombare come la folgore, distruggere quelli che avevano dissipato la sua vita.

— ...No, Costantino, essa non è felice, — ricominciò Isidoro, quando si misero a mangiare le salsiccie ed il pane bianco che la vicina aveva mandato in regalo. — Essa non è felice. Io non l’ho guardata più in faccia; e quando la vedo provo una cosa strana, come quando si vede la tentazione1. Eppure, vedi, io ho compassione di lei. Essa ha una figliuola che, mi dicono, rassomiglia ad una fava fresca, tanto è sottile e verde. Come possono esser belli i figli del peccato mortale? E la bambina è stata battezzata come una bastarda: il prete non

  1. Il diavolo