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E voltosi verso lo spiazzo cominciò a gridare: — Giovanna! Giovanna!

Giovanna apparve sulla porta della casetta e si avviò attraverso lo spiazzo con un’aria spaventata; ma a misura che ella si avvicinava, il suo viso prendeva un’espressione di sprezzo e di disgusto.

Giunta davanti ai due uomini, li guardò con uno sguardo d’odio: Giacobbe rideva fra sè e sè; Brontu aveva le orecchie rosse per l’ira.

— Che hai? una colica? — disse Giovanna.

— Può darsi che gli venga più tardi! — esclamò Giacobbe.

Brontu mosse convulsivamente le labbra, ma non riuscì a dir nulla, e l’ira gli passò come era venuta, senza ragione.

— Ecco, ti voglio con me... — balbettò, — oggi non ci siamo veduti per nulla... Cosa facevi da tua madre? Chi c’era?

— Nessuno, per l’anima mia! Chi vuoi che venga da noi? — diss’ella con pungente amarezza.

— Può venire San Costantino... aaa daarvi unaaa poesiaaa... — canterellò Giacobbe, con le labbra bavose. — Ah, tu non l’hai visto San Costantino? Ebbene, ecco come è pazzo Isidoro Pane: non la vuole... non la vuole... eeee...

— Zitto tu! — disse zia Martina. — Ed intanto l’ovile rimane abbandonato! Così tu fai gli affari del padrone? Ah, razza maledetta! Ladroni! — Giacobbe si alzò, pallido, rigido: Giovanna ebbe paura che egli si gettasse contro la vecchia, e le si pose davanti.