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che io indosso: pagateli, pagateli, che una palla vi trapassi il cuore.

— Non alzar la voce, non arrabbiarti, anima mia. È inutile, vedi, arrabbiarti. Perchè arrabbiarti? Egli potrebbe cacciarti via.

— Ebbene, che egli mi cacci pur via. È meglio. Almeno lavorerò per me, per voi, non per quella gente maledetta. Ah, eccola che ritorna! — disse poi, abbassando la voce, poichè la figura nera di zia Martina appariva sullo sfondo livido dello spiazzo. — Ora mi sgriderà perchè ho lasciato la casa sola: ella ha paura che le rubino i denari. Ella ne ha tanti, e non li conosce neppure; non distingue i biglietti, e neppure le monete. Ha dieci mila lire, sì, mille scudi...

— No, anima mia, duemila.

— Ebbene, duemila scudi nascosti. Ed io non un sorso di bevanda che mi rinfreschi, che mi tolga questo ardore che ho dentro.

— Saran tutti tuoi, — diceva zia Bachisia, — abbi pazienza, sta attenta, quando gli angeli verranno a portarla in paradiso, e saranno tutti tuoi.

Giovanna tossì, si graffiò la nuca, e riprese con cupo ardore:

— Che mi caccino pure, non me ne importa. Ecco, il segretario comunale dice che io sono la vera moglie di Brontu, ma a me sembra di viver con lui in peccato mortale. Ricordate come ci siamo sposati? Di nascosto, al buio, senza un cane, senza dolci, senza niente. Giacobbe Dejas, che egli sia strozzato, rideva e diceva: «ora viene il bello». Ed il bello è venuto.