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66 | i marmi - parte prima |
Risoluto e l’Etrusco
uno chiamato veramente Fortunato Martinengo
e l’altro Alfonso de’ Pazzi.
Alfonso. Ben venga il signor conte Fortunato: egli è tanto che la signoria vostra illustre è in questa cittá e io non v’ho ancóra potuto godere, ben che pure eri venni di villa, dove sono stato piú giorni; pur ci venisti a vedere, tante volte ce l’avete con lettere promesso!
Conte. Per mia fede, che cento e mille volte ho dimandato della nobiltá vostra: oh che piacere ho io avuto infinito delle vostre nuove e acute composizioni! In fine, voi altri signor fiorentini avete tutti spirito, siate inventori di belle cose e acutissimi d’intelletto.
Alfonso. L’affezion v’inganna, signor conte; ma lasciamo queste cose: chi era quel forestiero con chi parlava la signoria vostra?
Conte. A dirvi il vero, egli è un meccanico ignorante che fa il dotto e il signore; e l’ho conosciuto a’ contrasegni che ne dá il Doni in una sua opera chiamata Giornale, che te lo insala bravamente. Oh lo tratta male! Egli ha trovato la sua genealogia di cent’anni; sa tutte le truffe che egli ha fatto e le cagioni perché va d’una in altra terra, perché ha scopato le prigioni di Roma e altri sviamenti di donne con truffarle di robe, di danari e d’altre cose.
Alfonso. Come ha egli nome?
Conte. Non me ne ricordo.
Alfonso. Egli è arrivato dove si vende il pane a buon mercato! egli sta fresco! non debbe sapere che il minimo di noi in due ore lo squadrerá da capo a piedi!
Conte. Madesí! e’ si tiene tristo cattivo della cappellina, e gli pare essere, ed è forse, forchebene. Basta che io l’ho