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capitolo lxx 615

Chisciotte era pronto, come buon cavaliere errante, a mantenere la sua promessa e starsene ritirato pel corso di un anno nel suo paese; nel qual tempo poteva accadere (soggiunse il baccelliere) che risanasse della sua pazzia. Assicurò che questa era l’unica intenzione che lo aveva mosso a fare quelle trasformazioni, per impedire che un cittadino tanto sensato com’era don Chisciotte, finisse pazzo del tutto; e partì poi dalla casa del duca, e tornò al suo paese, aspettandovi don Chisciotte che fedelmente lo seguitava. Tutte queste notizie furono causa delle bizzarrie del duca nel fargli le narrate burle: sì grande era lo spasso che si prendeva egli delle cose di Sancio e di don Chisciotte; ond’è che e nelle vicine e nelle lontane strade, per dove pensò che don Chisciotte dovesse passare, aveva inviati i suoi servi a piedi e a cavallo, affinchè trovandolo, o per forza o per amore seco lo menassero al castello. Lo raggiunsero, e ne resero informato il duca, il quale disposto avendo ciò che immaginava di fare, non ebbe appena notizia del suo arrivo, che ordinò che fossero accese le torce e le candele dell’andito, e che Altisidora si coricasse sul catafalco con tutti gli apparati già descritti. Dice qui Cide Hamete Ben-Engeli che quanto a lui, egli giudica senza esitare che fossero tanto pazzi i burlatori quanto i burlati, e che i duchi non erano due dita lontani dal meritarsi il titolo di balordi per quella loro grande smania di farsi giuoco di due scimuniti; i quali (per ritornare alla nostra narrazione) l’uno dormendo saporitamente e l’altro vegliando coi suoi fantastici pensieri, furono colti dal giorno e dalla voglia di alzarsi: chè le oziose piume, nè come vinto, nè come vincitore, piacquero mai a don Chisciotte.

Altisidora risuscitata, secondando l’umore dei suoi padroni, coronata colla ghirlanda medesima di cui era adorna sul catafalco, e vestita con funicella di taffettà bianco seminata di fiori d’oro, coi capegli sciolti giù per le spalle ed appoggiata a bastone di nero e finissimo ebano, entrò nella camera di don Chisciotte. La vide egli appena, che turbato e confuso si ravvolse e coprì tutto col lenzuolo e colla coltre del letto, non articolando parola, nè sapendo come trovare la via per farle alcun segno di cortesia e di riverenza. Altisidora si pose a sedere in una sedia accanto al letto, e dopo avere mandato il più profondo sospiro, con tenera e fioca voce gli disse: — Quando le donne di alta nascita e le ritirate donzelle danno bando all’onore, e libertà alla lingua di parlare senz’avvertenza, facendo pubblici i segreti sepolti nel loro cuore, si trovano al cattivo termine in cui io sono. Io, o signor don Chisciotte della Mancia, sono una di queste, miserabile, vinta e innamorata; ma