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capitolo xxxi | 287 |
Signora, rispose Sancio, il mio padrone, che ha sulle dita tutte le istorie, mi ha detto le tante volte che anche Laucerotte quando tornò di Brettagna, ebbe le dame che si presero cura di lui, e le damigelle del suo ronzino; e in quanto al mio asino io non lo cambierei col ronzino del signor Lancerotte. — Se tu sei burlone, fratello, serba le tue burle e i tuoi garbi, replicò la matrona, per altri luoghi dove sieno più conosciuti e premiati, chè da me non puoi attenderti che un bel diavolo che ti porti. — Or bene, rispose Sancio, se questo è il corriere ci porterà ambedue, e meglio vossignoria ch’è molto più matura di me, e non perderà la primiera dei suoi anni per un punto manco. — Ah, razza di bastardi! sclamò la matrona tutta accesa e stizzita; se io son vecchia ho da render conto a Dio e non ad un furfante come tu sei, che puzzi di aglio„. Queste parole furono dette sì sonoramente che la duchessa le udì, e voltossi; e vedendo la matrona tutta invelenita e sconvolta, e con occhi che schizzavano fuori la bile, le chiese che cosa mai avesse. — Mi lagno, rispose la matrona, di cotestui che mi ha domandato con insistenza che andassi a metter in istalla il suo asino che sta alla porta del castello, citandomi per esempio che altre dame ebbero cura per certo Lancerotte, e altre damigelle per lo ronzino: e ciò non basta, chè costui giunse sino a permettersi di prendersi giuoco della mia età rispettabile. — Questo, disse la duchessa, io lo terrei per affronto sopra tutti gli altri che mi potessero esser fatti; e rivoltasi a Sancio, gli disse: Avvertite, amico Sancio, che donna Rodrighez è piuttosto giovane, è che porta quei veli più pel suo grado e per usanza che per causa degli anni. — Ch’io non abbia più bene durante la mia vita, rispose Sancio, se ho parlato con animo di farle offesa: e siccome io porto sviscerato amore al mio caro leardo, così non feci altro che raccomandarlo, parendomi che qua non fosse persona più caritativa di questa signora donna Rodrighez„. Don Chisciotte, che intese quant’era seguito, gli soggiunse: — Ti sembrano, Sancio, discorsi questi per un tal luogo? — Signore, rispose Sancio, ognuno ha diritto di parlare del suo bisogno in qualsivoglia parte si trovi: qua mi sono ricordato del leardo, e qua ne ho fatto parola, e se me ne fossi ricordato nella stalla, ivi ne avrei parlato„. Disse allora il duca: — Non va errato il nostro Sancio, nè occorre incolparlo di cos’alcuna: avrà buon governo il leardo, nè vi pigliate fastidio, o amico, chè sarà trattato come la vostra persona medesima„.
Tra questi ragionamenti, che furono piacevoli a tutti, salirono al nobile appartamento, ed assegnarono a don Chisciotte una sala ricchissima, tutta parata di drappi d’oro e di broccato. Sei donzelle