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conte della Minerva, Incaricato di Sardegna, vi fece ritorno clandestinamente1.

Monsignor De Merode, nel mese di marzo, fece un viaggio a Bruxelles, e, nel ritorno, condusse seco in Roma il generale francese Lamoricière, quegli stesso che, caduto in disgrazia dell’imperatore Napoleone per delitti di Stato, benchè amnistiato, non volle rientrare in Francia2.

Fu nominato comandante in capo le truppe pontificie.

Di già si presentò al ministero delle armi; fece alcune ispezioni e rimarcò inconvenienti e mancanze.

Infine, espose che, per mettere in assetto l’armata, occorreva la spesa di un milione di scudi.

Intanto, ordinò due mila cavalli, otto mila tende.

Gli fu, per ora, stabilito un onorario di 100 doppie al mese.

Prese alloggio alla locanda della Minerva e richiese le guardie d’onore, che gli furono date.

Molti zelanti gli recarono biglietti di visita.


  1. Questi non è Davide Silvagni, partito col conte della Minerva, ma l’avvocato Augusto, che fu capo popolo nelle dimostrazioni del 1848 e vessillifero del battaglione universitario nel 1849. Tratto in arresto perchè corrispondente di giornali stranieri, venne mandato in esilio. Morì in Venezia, presidente del Tribunale.
  2. Il De Merode, nominato ministro delle armi, aiutato dalla Corte di Vienna, dal duca di Modena e dalla duchessa dì Parma, preparavasi a combattere la rivoluzione, la quale, al dire del Lamoricière, «come per l’addietro l’islamismo, così allora minacciava l’Europa». (Proclama del Lamoricière ai soldati, del giorno 8 di aprile del 1860).