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della guerra per tutelare la sacra di lui persona e l’ordine pubblico.

Il Papa rispose, in francese, con voce malferma, che era grato di ciò; ma che non poteva dissimulare il dolore provato per la diffusione in Francia di un opuscolo le cui espressioni erano ingiuriose alla S. Sede e contrarie ai principii di giustizia. Gli giovava crederle estranee ai sentimenti dell’imperatore perchè in aperta opposizione alle tante assicurazioni di devozione avute e contenute in fogli che conservava (accennando il suo scrittoio).

Quindi, in tale persuasione, benediceva l’imperatore, la famiglia imperiale, ecc.

Un uffiziale francese ritrasse, in stenografia, un tale discorso e tosto lo inviò a Parigi.

Non si dubitò poi di diffonderne copie per la città, che formano oggetto di discussioni e commenti.

Del resto, l’opuscolo fu condannato dal buon senso della generalità, come avverso alla religione, alla giustizia e al diritto delle genti.


14. — Il duca Salviati ed il marchese Patrizi compilarono e promossero le soscrizioni per un indirizzo al Papa, da loro compilato, tendente ad attestare i sentimenti d’inalterabile devozione alla S. Sede della nobiltà romana, calunniata da alcuni esteri, i quali declamarono non essere divota al S. Padre.

Alcuni si firmarono, altri si ricusarono, tra cui Doria, Massimo, Rospigliosi, Caetani, Piombino, Pallavicino, ecc.