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tivamente alla quantità del bronzo; ma bensì la somigliante costruzione di questi e di quegli avelli, la stessa forma, lo stesso collocamento degli ossuarii in uno strato di ceneri o dentro un’olla, sempre accerchiati da vasi accessorii. Noterò che non potrebb’esservi più esatto riscontro nelle fogge e negli ornati degli aghi crinali e delle fibule di bronzo, di vetro, d’ambra, e che di gran peso e la totale conformità di quegli oggetti che stimo al tutto nostrani, male conghietturati da taluno per fusi. Ma ciò che a me pare assai concludente e bastante ad allontanare qualunque dubbio, e in primo luogo quel coloramento lineare o a disegno tutto proprio di siffatte figuline, frequente e ben conservato nel necropolio bolognese, e del quale erano minori avanzi, ma sufficienti e sicuri, nel vasellame di Villanova1 più roso da’ sali ambienti, più esposto alle vicende atmosferiche per essere situato a minore profondità, ne mai protetto da fabbricati. In secondo luogo e soprattutto mi pare assai concludente quella caratteristica e peculiare ornamentazione ceramica di certe figure e specialmente di piramidette, di meandri, di serpentelli, di anitre, non già graffite ma impresse nell’argilla molle con punzoni o sigilli, tanto in molti vasi di Villanova2, quanto in molti di Bologna, ma non in quelli di Marzabotto che sono posteriori3, di guisa che non sarebbe parmi arrischiato il dire che siffatta vaghezza non solo è caratteristica nostrale, ma è in qualche guisa cronologica.

Nè può far obbiezione che tutta sorta di cose dissotterrate a Villanova non siensi rinvenute anche a Bologna, imperciocchè qui tre tombe intatte e i rimasugli d’altre


  1. Cf. Sepolcreto pag. 17.
  2. Tav. II. n. 6. 8., tav. III. n. 1. 2. 3. 9. 11. U. 17. 18., tav. IV. n. 7. 8. 17. 26. 30. 42.
  3. Notai che fra molte centinaia di cocci tratti dalla necropoli di Marzabotto (pag. 20) uno solo ha qualche ornamento impresso.