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60 quinta

Tutte gridando van: Vieni..* E che mai
V’ha sulla terra a’ miei desiri amico?
Ed a che prò bramar la vita ancora?
Ma qual oggetto il ciglio mio colpisce?
Ecco s 5 apre la tomba, ove Narcisa
Posa, e sortirne maestosa io veggio,
Come dal tempio suo, tutta raggiante
L’augusta Verità. S’avanza. Io sento,
Che l’alma mia già signoreggia, e fuga Di
questa ogni iliusio». Scioglie le nubi
Figlie d’affetti alla ragion nemici.
Ogni ombra si dilegua. Al chiaro lume
Di lei più vasto l’orizzonte io miro,
E l’esser mio di nuove doti adorno. ’
Ciò ch’è invisibil veggio. Io toeco-, io sento
Ciò eh* è lontano, ed il futuro ho in faccia..
Più non soffro del mondo, e de’ suoi vani
Piaceri il dolce inganno. A questi assegna
L’uomo un giusto valor sol quando in braccio
Vive d’un aspro duolo, e i lacci adesso
Scorgo, che in mezzo a’ fiori il vizio accolse.
Or la virtude vagheggiar in* è dato
Nel suo lume maggior. La vita io veggio,
Che se stessa divora, ed i mortali
Veggio cader qnai non più verdi foglie
Di folta selva all’invecchiar dell 1 anno
De’ voti lor gli oggetti assai più vili,
Più vani son di poca arida polve.
Ora sciolto è l’incanto. Alfin comprenda
Di Morte l’detti salutari 5 a cui
Fu quest’alma restia. Risento adessa
Opri stral, che vibrò ne 5 miei più carie
Quanto il cerchio è maggior, che segna il dardo,.
Fa maggior la ferita: e quanto, oh Dio,
Questo dardo è crude)! Chi mai raffreni
11 duol, che mi divora, all’alma oppressa
Renda la pace, e sul mio cor trafitto
Wrsi salubre umor con destra amica?
Ma non potrò sicuro e fermo il ciglio