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torno di tempo invocassero Borea, in ossequio di un responso delfico da essi ottenuto, il quale li invitava a chiamare l’aiuto del proprio cognato. Ma Borea appunto, secondo la tradizione ellenica, ebbe per moglie una donna attica, e fu Orituia, fi«?lia del re Eretteo (47). Per i quali motivi di affinità, dunque, avendo gli Ateniesi, come raccontano, ravvisato precisamente in Borea il cognato predetto dall’oracolo; quando, dalla loro stazione navale di Calcide in Eubea, essi videro l’ingrossare della tempesta (o prima ancora), si dettero a placare con sacrifizi e ad invocare divotamente Borea ed Orituia, acciocché venissero in loro aiuto e disperdessero per converso il naviglio dei Barbari, come avevano già fatto sotto il monte Ato. Ma se debba poi proprio attribuirsi a una cagione simile il rovinio fatto dal vento Borea nella stazione nemica, non voglio accertarlo. Gli Ateniesi però fermamente mantengono: che Borea, in allora come già anteriormente, venne ad essi effettivaniente in aiuto, e fu il vero operatore di tutto. Onde, ritornati a casa, gli dedicarono un tempio presso del fiume Ilisso.
190. E nel conquasso sofferto per la detta fortuna dì mare dal naviglio persiano; quelli che riducono il danno alle menome proporzioni, parlano di non meno di quattrocento navi mandate a picco, di un numero infinito di uomini sommersi, oltre a una quantità inestimabile di ricchezze perdute. Talmentecliè questo naufragio riuscì poi a grandissima utilità di un tale Aminocle figlio di Cretina, abitatore della Magnesia, il quale aveva i suoi possessi accosto al promontorio di Sepia. Giacché egli potette in appresso raccogliere molti vasi d’oro e molti d’argento, gettati al lido dalla tempesta; oltre a diverse