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che ora si ha. Poichè se tutto si facesse in modo conforme alle leggi apostoliche il provento di lei dovrebbe essere l’animo vostro, il quale certo sarebbe e una sicura dispensa, ed un tesoro non consumabile. Ma or che voi tesoreggiate sopra la terra, e tutto chiudete ne’ vostri ripostigli, ed essa, la Chiesa, ha uopo di spendere e pe’ ceti delle vedove, e pe’ cori delle vergini, e per le venute degli ospiti, e per le afflizioni di quelli che debbono viaggiare lontano, e per le calamità di coloro che sono nei ferri, e per le indigenze di altri che sono manchi e mutilati, e per altre cause ancora di tal fatta; che si può egli mai fare? (Hom. xi, in Ep. ad Cor.)»

156. Ora chi mai non deplorerà tanto cangiamento sopravvenuto ne’ secoli di rovine e di barbarie che succedettero nella Chiesa, pel quale un Clero di così alti spiriti fornito, di tanta elevatezza, liberalità e carità, giunse, al tutto diverso da sè medesimo e dalla sua propria natura, a meritare di venire stimmatizzato col verso.

«In cui usa avarizia il suo soperchio!»

Se ne considerino le due cause, l’una degli atti de’ principi barbari, l’altra di quelle disposizioni che fu costretta di fare la Chiesa a propria difesa, per evitare un male maggiore.

157. Avendo il feudalismo, come vedemmo, fatto cangiar natura a’ beni ecclesiastici, e venendo questi frequentemente alienati, e concessi ai laici da’ principi, e dagli stessi Prelati feudatari; la Chiesa dovette opporsi all’abuso colle sue leggi; e quindi cominciò la legislazione a prendere una tendenza tutta opposta alla massima antica, cioè ella fu volta da quell’ora «a facilitare alla Chiesa il più possibile l’acquisto e la conservazione de’ beni temporali, e a difficultarne il più possibile l’alienazione.» I legislatori sogliono accorrere colle loro disposizioni là dove l’abuso è maggiore, e nel caso nostro egli era estremo; ma ben sovente egli accade che tutto intesi a impedire l’abuso, essi facciano anche più che non bisogni; ovvero trasandino di considerare altri inconvenienti che nascono da quella stessa legislazione, altri beni che rimangono per essa impediti collo scemamento soverchio della libertà, e cosi leghino insieme coll’abuso anche l’ottimo uso; o finalmente accade ancora che quella legislazione, che avea per suo legittimo intento di sterminare l’abuso, sopravviva all’abuso già vinto, trovandosi quindi appresso l’umanità avvincolata e costretta da leggi prive di quella ragione, che quando vennero emanate le giustificava. Nel caso nostro egli era un gran male certamente, che gli ecclesiastici beni fossero frodati della loro destinazione, passassero in usi profani, si dessero a mercede di servigi e di ufficî secolareschi, tradite così le pie intenzioni degli oblatori; ma egli era pure un grande e sommo bene, che i Vescovi, col consiglio del loro Clero, potessero rinunziare opportunamente le donazioni, le eredità che alla Chiesa offerivansi, potessero vendere le possessioni e distribuirle, senza troppe difficoltà e formalità, a tutti quelli che ne abbisognassero, venendo così la Chiesa in aiuto di tutti i mali di cui è aggravata l’umanità. La Chiesa è già ricca abbastanza, s’ella ha un tesoro di carità, e un esercizio amplissimo di beneficenza: la Chiesa è abbastanza felice se può dire con S. Ambrogio: Aurum Ecclesia habet, non ut servet, sed ut eroget, et subveniat in necessitatibus1. Ora qual senso doloroso, qual danno agli stessi ben intesi interessi della Chiesa, quale scandalo non è il pensiero, l’opinione prevalente, che il Clero abbia le mani sempre aperte a ricevere, e sempre chiuse

  1. Sono registrate nel Corpo del Giure Canonico le magnifiche dottrine di S. Ambrogio e degli altri Padri intorno allo spirito di liberalità della Chiesa sempre pronta a spezzare i vasi sacri per soccorrere i vasi viventi redenti col sangue di Cristo. Si veda Graziano Caus. xii, Quaest. C. ii, lxx e lxxi.