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qualvolta l’azione, il dialogo, gli affetti e le passioni sono attinti dalle condizioni essenziali dell’umanità, perocchè a buon diritto l’uomo del popolo può dire: Humani nihil a me alienum puto. Ma popolare non direi certamente quella commedia che si piace di descrivere i vizi d’una società bastarda, corrotta, quale è quella che ti rappresenta il teatro d’oggidì. Il poeta che vive ne’ postriboli, e quello la cui musa si pasce di scetticismo potranno essere poeti più o meno cesarei, non poeti del popolo. La poesia vera è fede, è verità; e quella e questa sono popolari per eccellenza.

È pure una specie di dramma anche il romanzo, sia esso storico, o sia tutto favola. Del primo genere ne conta parecchi eccellentissimi la nostra letteratura, ma povera oltremodo ella è de’ secondi. Ora chi vieterà che si trasportino nella nostra lingua i migliori delle letterature straniere, o si imitino, come Cesare Cantù trapiantava nel suo Carlambrogio da Montevecchia il Simone di Nantua? Che se in Italia non abbiamo se non pochissimi romanzi di questo genere, abbiamo poi per contrario in copia i novellieri, dai quali si potrebbero trarre alcuni volumi di squisitissimo gusto. Si compulsi ogni secolo della nostra letteratura dal trecento in qua, si riformi l’ortografia e la grammatica ammodernandole, alle parole invecchiate si sostituiscano altre di uso corrente; e così si ammanisca un cibo facile a smaltirsi. I linguisti ed i pescavirgole reputeranno poco meno che eretica questa proposizione e sacrilega la mano che si attenta di mandarla ad effetto. Gridino a loro posta; noi seguiteremo la nostra via senza voltarci indietro o rimuoverci dal nostro proposito; fidenti di poter giovare all’avvenire della patria nostra, pur rendendo utili all’universale i grandi monumenti del sapere italiano.