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È importantissimo il definire bene lo scopo ed il carattere della Società; perchè da questo dipende l’esito di quelle che si fonderanno in seguito.

La Società non pretende nè punto nè poco di dotare i Comuni: ella quindi non chiede il soccorso del Governo, nè perciò sollecita circolari ministeriali per invitare i prefetti acciocchè impongano ai Consigli provinciali di votare dei fondi. Questo non persuaderebbe alcuno, e non accrescerebbe il nùmero dei lettori. Ora la Società vuole Biblioteche vere, cioè vuole Biblioteche nelle quali si legga.

Essa quindi non impone nulla, neppur dà nulla, fuorchè consigli ed incoraggiamenti. Suo unico mezzo è di stimolare l’attività locale. Se vuolsi che la istruzione si diffonda nella campagna, dice a buon diritto il signor Macé, è mestieri lavorare nella campagnà stessa, da uomo a uomo, col mezzo degli amici e vicini. L’impulso deve darsi al basso, perchè è dimostrato essere impotente l’impulso che viene dall’alto. Perchè si legga nei Comuni, non si devono dare Biblioteche ai Comuni, ma bisogna che questi se le facciano.

Un punto assai importante, sul quale il signor Macé insiste, si è questo, che la Società non s’impicci nella scelta dei libri, al fine di evitare ogni divisione di partiti letterari, politici o religiosi, che non potrebbero non nascere nelle discussioni di questo genere1. L’intervento della Società sarà utile allorchè le commissioni locali avranno

  1. Riferiamo qui storicamente quello the si è fatto nell’Alsazia, senza discutere; tuttavia non possiamo trattenerci dall’osservare che cotesto giansenismo del signor Macé non sarebbe buono in Italia, dove i libri popolari difettano affatto: dico libri popolari per dettato, per lo scopo, pel sesto, pel prezzo, e dove manca un centro librario donde si possano avere. A tutto ciò vuolsi provvedere in prima.