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buoni sempre; quando al caso si può sostituire una causa intelligente e previdente, mi par che non si debba esitare. Piglino i direttori di quella Biblioteca gli uffizi che loro spettano; regolino essi la scelta. Cotesto è veramente un dirigere. Smettano questo uso troppo umile del questuare ed elemosinare; chè la elemosina si fa col superfluo e coll’inutile. La elemosina non ha mai favoreggiato nè il commercio, nè l’industria; però da essa non sorgerà neppure la vera letteratura popolare presso di noi. Auche qui la richiesta deve creare il valore ed il prezzo, questo incoraggire la produzione e non altrimenti. Il commercio non esordisce col ricercare doni, esordisce accontentandosi del minimo guadagno. La quantità dello smercio accumula i piccoli guadagni e forma le grandi somme.

Ma anzitutto egli si colloca colà dove sa esservi maggior copia di consumatori, e certo non porrebbe il suo negozio in mezzo ad un deserto. In Italia pur troppo abbiamo la mancanza de’ lettori, abbiamo quasi un deserto intorno a noi. La questione delle Biblioteche è naturalmente connessa con quella degli illitterati; la scelta de’ libri dev’essere regolata sulle richieste od almeno sui bisogni del nostro popolo, da noi per ora quasi indovinati. Desto una volta il bisogno, e fatto conscio del medesimo il nostro popolo, allora egli liberamente sceglierà. Ma finqui bisogna per così dire imboccarlo, cioè dargli in mano il libro dal quale abbia salutare nutrimento.