Pagina:Della condizione giuridica della donna.djvu/98

92 DELLA CONDIZIONE GIURIDICA

con maggior delicatezza di sentimento, con maggiore efficacia di dipinture e di espressioni che negli scritti del Michelet.

Ma accanto a tutti questi pregi vi hanno pur troppo nelle opere del Michelet, esagerazioni simili a quelle onde sogliono essere accompagnate le virtù.

Pel Michelet la donna è un essere così nobile ed elevato, che lo si debba tener lontano e riparato dalla brutta realtà della vita, perchè non sia profanato e contaminato. L'uomo la deve addirittura adorare; e per conservarne la grazia e la purità, che ne formano le doti precipue, nessuna cura è soverchia, fin quella di somministrar loro di preferenza quei nutrimenti che i fisiologi chiamano respiratorii, avvezzandole dalla gioventù al vegetarianismo1. Il movente precipuo di tutte le facoltà femminili, la guida e il criterio di tutto il loro svolgimento, è pel Michelet l'amore2. Conseguentemente la precipua missione sociale della donna è la maternità3. Ed oltre alla nobiltà ed alla elevatezza della sua natura, alla prevalenza dell'amore e della missione materna, l'esistenza femminile è determinata in modo tutto suo proprio, e affatto differente da quella degli uomini, da un’altra circostanza, su cui il Michelet ha insistito più d'ogni altro scrittore, ricavandone veramente una dottrina tutta sua, dalla circostanza cioè che la donna ai suoi occhi è un essere quasi perpetuamente malato, sia per le ordinarie crisi fisiologiche comuni a tutte le donne, sia per effetto della gestazione, del puerperio, dell'allattamento.

Ovvie sono le pratiche conseguenze di queste premesse: la donna viene a perdere, per dato e fatto della stessa natura, la possibilità e il diritto di una propria individualità, né la si può concepire né in fatto né in diritto se non come appoggiata, o come diceva l'antico diritto francese, coperta dall'uomo. La

  1. V. La femme, p. 125.
  2. C'est par l'amour que la femme reçoit toute chose, ib., p. 309.
  3. Aimer et enfanter c'est son devoir sacré, ib., p. 120.