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atto quarto 57

umana imaginazione. E se non fusse il desiderio che ho di veder Lampridio mio figliuolo, mi vorrei tôrre un poco di spasso vedendo questi palaggi e ornate chiese. Ma egli mi fa star l’animo non so come suspetto, per esser stato avisato che non attende agli studi altamente ma si sia dato agli amori; e questa mattina giongendo in Salerno mi fu detto che allora era partito per Napoli. Io senza prender fiato o riposarmi, a scavezzacollo son qui venuto per lo desiderio c’ho di vederlo e che egli medesimamente deve tener di veder me: andrò dimandando per saperne qualche novella.

SCENA IV.

Trasilogo, Squadra, Teodosio, Eugenio.

Trasilogo. Caminando di su e di giú siamo omai stanchi. Sará bisogno all’ultimo di ricorrere al Truffa, ch’io non saprei a chi piú sottil barro di lui commettere il fatto in mano.

Eugenio. Padre, caminiamo senza far nulla.

Teodosio. Se mal non mi ricordo, vicino questi archi stava la casa nostra.

Eugenio. Dimandiamo costoro.

Teodosio. Giovani, siete voi di questa contrada?

Trasilogo. (Squadra, mira: costoro mi paiono al proposito).

Squadra. (Non si potriano trovar migliori, l’un vecchio e l’altro giovane, con quelli stracci adosso come se proprio fussero scampati di man di turchi).

Teodosio. Di grazia, datene risposta.

Squadra. (Lasciate che gli ragioni io). Ditemi, siete voi forestieri?

Teodosio. Siamo e or ora sbarcati qui in Napoli.

Squadra. (Oh che ventura, padrone!).

Trasilogo. (Presto! narragli il fatto, fagli capire il negozio, accioché lo sappino ben fingere).

Squadra. (Lasciate il carico a me). Volete voi farne un servigio di che non vi saremo discortesi?