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376 lo astrologo


Lelio. E noi altri pur a tempo.

Guglielmo. Caro Pandolfo e voi carissimi figlioli, volendosi trattar cose di matrimoni, i quali si terminano con la vita, e gli errori che si commettono in quelli sono irremediabili, è ben di ragione che si trattino con il consenso di tutte le parti e che ognuno dica il suo parere libero e aperto, ché non si dica doppo il fatto: — Dovea dir cosí, dovea far cosí. ...

Pandolfo. Benissimo, caro Guglielmo.

Guglielmo. ... E però non ho voluto trattare di matrimoni se non in presenza e col consenso di nostri figlioli e figliole, li quali doppo le nostre morti avranno a succedere alle nostre facultadi; accioché doppo le nostre morti non abbino a dire male di noi e maledirci, come veggiamo fare alla maggior parte de’ figlioli quando sentono alcuno disgusto per cagione de’ loro padri. Però voglio che prestino il libero consenso a questa mia sentenza e mi dia ciascuno di voi auttoritá in particolare di poter determinarlo; ché altrimente non son per dire parola in questo fatto.

Eugenio, Io per me, signor Guglielmo, vi delibero potestá di determinare di questi matrimoni come vi piace, e starò pazientissimo ad ogni sua sentenza comunque si sia; e cosí afferma Sulpizia mia sorella.

Sulpizia. Io confermo tutto quello che dice mio fratello.

Lelio. Ed io, padre mio caro, come vi son stato ubidientissimo in tutta la vita, cosí vi sarò in questo e in qualsivoglia altra cosa che mi commandarete; e il medesimo vi promette Artemisia mia sorella.

Artemisia. Mi contento di tutto quello di che si contenta mio padre e mio fratello.

Guglielmo. E voi, signor Pandolfo?

Pandolfo. Ed io prima di tutti. E per maggior sicurezza della mia voluntá, sapendo quanto gli animi giovanili siano pronti e leggieri a promettere e poi a pentirsi, vuo’ che le promesse si confermino, ché non abbiamo a rampognar poi e a litigare: — Non la intendeva cosí, non mi pensava cosí.

Artemisia. Oh come dice bene!

Lelio. Anzi benissimo!