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atto quarto 365


Cricca. Che non ho gli occhi con i quali possa vedere?

Vignarolo. E tu non vedi?

Cricca. Sí, che ti vedo.

Vignarolo. Tu non mi vedi né mi conosci; ma ascolti parlare e mi conosci alla voce: perché come vuoi conoscermi, se io son un altro?

Cricca. Dico che sei quel che eri prima.

Vignarolo. Dunque tu mi vedi, Cricca?

Cricca. Come non vuoi che ti veda? (O Lelio, ho indovinato: questo vignarolo è un ignorante da bene, e si è un mezzo asino, l’altra metá è una bestia; e se Pandolfo ha faticato gran pezza a persuaderlo che voglia trasformarsi in Guglielmo, or bisogna faticar altrotanto a fargli credere che sia quel che era prima). Chi sei dunque?

Vignarolo. Son Guglielmo e vo’ entrare in casa mia, dar Artemisia al mio padrone e Armelliria al vignarolo.

Cricca. E gli atti, il procedere e le parole mi fan ampia fede che tu sei quel vignarolo che eri prima. Non ti vergogni a dire che sei Guglielmo?

Vignarolo. Mi vergognarei facendo cosa cattiva, ma in entrando in casa e disponendo delle mie cose non fo cosa cattiva.

Cricca. Avverti bene che non sei Guglielmo.

Vignarolo. E se non son Guglielmo, che s’è fatto del vignarolo?

Cricca. La prima bozza e lo stelo della tua persona era il vignarolo, il color poi e la sembianza di sopra era di Guglielmo: è sparito via quel colore e quella apparenza di Guglielmo, ed è restata la persona del vignarolo che era prima.

Vignarolo. Basta basta, so che tu cerchi persuadermi che non sia Guglielmo.

Cricca. Vuoi che ti faccia conoscere chi sei?

Vignarolo. Te ne prego.

Cricca. (O galea, che piangi senza costui!). To’, togli questo!

Vignarolo. O canchero ti mangi! col pugno mi hai rovinato una spalla.

Cricca. Hai sentito la botta, pezzazzo di bestia?