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360 lo astrologo


Lelio. (Mi ha mosso a compassione, né so perché). Orsú, vattene con queste tue novelle; e un’altra volta non aver ardire con queste tue trasformazioni venir in casa degli uomini da bene: per la prima volta ti sii perdonato. Noi ben sappiamo chi tu sei e a che proposito qui venuto; e se ben avea proposto nell’animo bastoneggiarti molto bene, la riverenza che porto alla sembianza del mio carissimo padre me lo vieta. Vattene per i fatti tuoi, che io, per non essere importunato dalla importunitá tua, fossi forzato a farti quanto ti ho detto; ché se l’astrologo che ti ha trasformato ti avesse predetto che dovevi ricevere delle bòtte, forsi un’altra volta ti avrebbe il vero pronosticato. E poiché non vuoi partirtene tu, partiromene io.

Guglielmo. Mi vuo’ partir ancor io e cedere all’iniqua fortuna!

SCENA VI.

Vignarolo solo.

Vignarolo. La nostra v’ita è proprio come le fette del presciutto: un poco di magro e un poco di grasso, un poco di piacere e un poco di dispiacere. Quando stava in villa, mi pensava che la vita de’ gentiluomini tutta fusse felicitá; ma or ho provato che ancor eglino hanno i loro cancheri e cacasangui. Era tutto allegro che avea guadagnato dieci ducati e chiamato da quella signora in scambio di Guglielmo; ma i dieci ducati mi fûr tolti e la signora mi costò molto, ché con fatica sono scampato dalle mani di quel spagnuolo. Or prima che mi accada qualche altra disaventura, me ne vo’ andar a casa di Guglielmo; e subito entrato, farò che Armellina sia promessa per moglie al vignarolo e fare gli instrumenti, accioché, quando lascio di esser Guglielmo, me la teglia per moglie. Oh, cancaro! io temo di esser scoperto da altri per vignarolo, e or scopro me stesso; e quel che con tanta diligenza vuo’ nascondere lo paleso a tutti. Son solo e parlo come fosse accompagnato. — Ascolta, vignarolo, e fa’ come ti dico io. — Ben, che dici? che vuoi che faccia? — Va’ in casa di Guglielmo ed entraci con riputazione;