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170 la cintia

Ahi, che solo pensandoci mi si schianta il core! Figlia, ti benedico il sangue che ti ho dato; il resto pongo nelle man d’Iddio.

Cintia. Va’ e accompagna i prieghi tuoi con i miei a Dio, ché raccolga la misera anima mia. E tu che raccogliesti le membra al mio natale, tu ricevi ultimamente il mio corpo moriente; e se essendo bambina le tue braccia mi fûr culla, mi sieno feretro nella mia morte!

SCENA VII.

Lidia, Cintia.

Lidia. (Misera me, che non trovo riposo, né per molte volte che mi sia fatta su la fenestra posso veder Cintio over altri da parte sua che venghi a trattar con mio padre su le mie nozze; e pur si mostrava meco tutto di fuoco in desiarle! Ma eccolo. Mi par assai d’animo travagliato. Dio m’aiti! forse non ará potuto accapar con mio padre le nozze).

Cintia. (Ogni rumor che sento, ogni persona che veggio mi par Erasto che mi chiami e mi sfidi ad uccidermi con lui).

Lidia. Cintio, Cintio mio!

Cintia. Eccomi, eccomi pronto, che volete da me?

Lidia. (Giesú, questi pon mano alla spada!). Signor Cintio, volgetevi qua a me.

Cintia. Deh, voi sète! (Questa sovraggionta mancava al mio affanno!).

Lidia. Cuor mio, come state cosí travagliato?

Cintia. Che avete voi ad impacciarvi de’ fatti miei, o sia travagliato o felice?

Lidia. Non sapete voi che i vostri travagli son miei? come sia possibile che voi passando un minimo travaglio, a me non sieno vive punture nell’alma?

Cintia. Di grazia, badate a’ casi vostri.

Lidia. Dunque, cosí tosto vi son uscita dal core?

Cintia. Dal cor voi non ne sète uscita, perché non ci entraste giamai.