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52 la sorella


Pardo. E voi andate salvo, poiché sète fatto libero.

Pedolitro. Ghidelum auglancic.

Turco. Ghidelum baba.

Pardo. Io credo che si se cercasse per tutto il mondo fra vecchi canuti il piú balordo, stordito, goffo e scimunito, che sarebbe da me di gran lunga avanzato di balordaggine e di sciocchezza, perché m’accorgo che sono stato beffato, aggirato da quel furfante di Trinca e da mio figlio. L’esser stato credulo n’è stato cagione; e con aver sempre creduto che le bugie accompagnano ordinariamente le sue parole, e che mi voleva ingannare, non m’ha giovato crederlo. Ma s’io non me vendico, creda egli certissimo che sia goffo da vero, come mi stima. M’ha fatto sborsar trecento scudi e fattomi re de danari; ma io lo farò diventar re di bastoni. Mi vergogno di me stesso, ardo d’ira e di sdegno, ma suspico che trama d’amore ne sia cagione. Ma ecco mi sovragionge quest’altra seccaggine del capitano. Non so che voglia questa bestia da me; fuggirò per quella strada.

SCENA VI.

Trasimaco, Pardo.

Trasimaco. Fermatevi, gentiluomo, nella cui figlia è fondato il trionfo della illustre mia generazione.

Pardo. Ho da far altro, perdonatemi.

Trasimaco. Sappiati che gli occhi balenanti e altitonanti di vostra figlia han fatto piú effetto nel mio cuore, che le bombarde e artigliarie ne’ fianchi de’ baluardi: onde io, che prendo le cittá, castelli e campi, son preso e ligato dalle sue bellezze. Sí che, deposta l’orribilitá del mio rigore e ammollita la feritá, vengo a chiederlavi per moglie, per non far mancar al mondo la razza de pari miei, e far una dozina di Marti, un’altra di Bellone, di Orlandi e di Rodomonti, e arricchirne il mondo: onde può tenersi la piú fortunata e felice donna che viva, e cosí voi a cui non poca autoritá vi recará la qualitá della mia persona.