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48 la sorella

non sapea quello che dicessi, e m’accorsi che l’accennava. Ma quello, che m’accresce il sospetto, è che in questo intrigo se ci trova intrigato il Trinca, che è il maggior trincato, furbo, allievo di forche, maestro di furberie. L’astuzia sua m’è di vergogna e di danno: e quando della vergogna poco conto ne facessi, ci è il danno di piú di cinquecento ducati. Ma ecco che vengono molto allegri. Vedrò come si risolveranno in questo fatto.

SCENA IV.

Trinca, Attilio, Pardo, Turco.

Trinca. Padron, il vostro figlio sta in punto per le nozze, e vi priega che l’affrettiate.

Attilio. Sta medesimamente Erotico ad ogni nostro comando.

Pardo. Ben, chi vi disse che Costanza mia moglie era morta, e che Cleria fusse viva? Quando voi foste a Constantinopoli? perché non rispondi? (Chi non risponde subbito, sta pensando alla scusa.

Trinca. Come, non son stato io a Constantinopoli?

Pardo. Né tu né mio figlio.

Trinca. Io non so come voi dite.

Attilio. (Ohimè, siamo rovinati!).

Pardo. Che rispondi?

Trinca. Chi v’ha informato del contrario?

Attilio. (Come ti risolverai, Trinca?).

Pardo. Pedolitro, nostro cittadino, venuto ora di Constantinopoli, che ci andò quattro anni sono per riscuoter cotesto suo figlio; e mi ha recato lettera di mano di mia moglie che desia venire, e che di Cleria non si sa novella, molti anni sono. ...

Attilio. (Mira la fortuna, a che ponto ha condotto costui di Turchia).

Pardo. ... Dice che quella è Sofia, serva d’un allogiator in Vineggia: l’ho fatto affrontar insieme, e ce l’ha mantenuto in faccia.

Attilio. (Siamo spediti, non v’è piú rimedio. Trinca è perduto d’animo).