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30 la sorella


Trasimaco. Ti ringrazio della nuova.

Gulone. Che pensi col ringraziamento avermi pagato, come se m’entrasse in corpo e me cavasse la fame e la sete? Troppa ingiuria fai tu al mio ventre.

Trasimaco. Troppa ingiuria fai tu alla mia liberalitá, ché sai che non tengo le mani chiuse, quando bisogna. Portami la risposta e vieni a mangiar meco, ch’io fra tanto farò porre in ordine e arò protezion del tuo ventre.

Gulone. E io fra tanto porrò in ordine l’appetito.

Trasimaco. Vuoi che ci sia della lacrima?

Gulone. Della lacrimissima.

Trasimaco. Del greco?

Gulone. Del grechissimo.

Trasimaco. Ti aspetto con la buona nuova.

Gulone. Novissima buonissima. Or batto: toc, toc.

SCENA III.

Trinca, Gulone.

Trinca. Volpino, sali su quelle legna.

Gulone. (Legna per far fuoco per lo banchetto, che Pardo ha promesso invitarmi a pranso. Ma queste legne non mi fan buono augurio, canchero!).

Trinca. Ti venghi a mente recar le corde.

Gulone. (Di cembali e di leuti, che mi fará una musica. Ma appresso al «canchero», quel «ti venga» pur mi fa malo augurio).

Trinca. Non ti smenticar di cinquanta nespole acerbe.

Gulone. (Son frutti dopo pasto; ma pur le nespole acerbe solemo chiamar le bòtte. Ma vien fuor Trinca).

Trinca. Gulone, che si fa?

Gulone. Bene.

Trinca. Non è tua usanza.

Gulone. Ti viene a visitar un tuo amico carissimo.

Trinca. Io non vo’ amici carissimi, ma di buon prezzo, che ho pochi dinari. Che sei venuto a far a quest’ora?