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atto quarto 361

tanto ignorante che amandovi tanto non meriti di esser riamata; ma essendo l’amor mio straordinariamente grande, dubito che non mi abbiate fatto qualche malia.

Giacomino. La malia che l’ho fatta, mia reina, è che l’ho amata con quella schiettezza di amore e lontana da ogni simulazione, che si convenia; e saprá bene che il ricompenso d’amore è lontano da ogni spezie di pagamento, ché l’amor si paga con amore.

Altilia. Ahi, che il timor m’uccide!

Giacomino. E di che temete, anima mia?

Altilia. Che non può esser grand’amore ove non è gran téma, gran sollecitudine e gran sospetto di quel che si deve e non deve temere.

Giacomino. Questo dovrei temer io, che sapendo la natura delle donne esser fragile, dolce e tenera e pronta alla mutazione, dubito che lontano dagli occhi vostri non mi sepelliate nell’oblio; ché non è cosa che nell’assenza piú si raffreddi che l’amore, e col nuovo successore non si marcisca.

Altilia. Se voi miraste nel centro dell’anima mia, vedreste veramente ch’io in me muoio per vivere in voi; e la donazion che ho fatta di me stessa a voi, è irrevocabile tra vivi, e ve ne ho dato giá il pacifico possesso.

Lima. Signor Giacomino, se l’amor vostro nella lingua non è lontano dal core, e se voi desiderate corrispondere al suo desiderio com’ella ha corrisposto con i fatti ad ogni vostro desio, acciò l’essempio della sua disonestá overo della troppa violenza d’amore non passi nell’altre donne, ora m’assalta una improvisa astuzia di far che Altilia sia vostra per sempre, né basterá uomo del mondo trarvela di mano.

Giacomino. Io con questo bagio che stampo nelle gote della mia reina, ratifico quella promessa che l’ho fatta d’esser mia sposa e le ne do la fede; e giuro per la sua, piú cara che la mia propria vita, che non lascierò far cosa, per impossibil che sia, per conseguir lei, che solo l’amor non conosce difficoltá.

Lima. Ecco, v’apro il modo che non può ritrovarsi il migliore. Sappiate ch’essendo assediata Napoli da’ francesi sotto