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346 | la tabernaria |
Spagnolo. Digo que ayer llegué á esta venta, á esta taberna.
Giacoco. Ed io te dico ca la casa mia non è né vinti né trenta né quaranta, e ca no è taverna. Chiappino, ca buole sto spagnuolo dalla casa mia?
Cappio. Deve esser qualche ladro, e sará qui nascosto per arrobbare.
Giacoco. E chesta è la guardia ca se fa alla casa mia?
Cappio. Vien qui tu: come ti chiami?
Spagnolo. Don Cardon de Cardona.
Cappio. L’avete inteso con l’orecchie vostre che si chiama don Ladron de Ladroni.
Spagnolo. Vos mentis, que yo soy caballero, capitan aventajado y tan bien nacido como el rey.
Giacoco. Chisso va cercanno piettene de tridece, e se me fa nzorfare... .
Spagnolo. Ayer tarde he comido en esta taberna con esto caballero y con mujer muy hermosa, y hicimos muchos brindis juntos.
Cappio. Se non ti parti di qua, arai molte bastonate avantaggiate.
Giacoco. Se deve pensare ca a Napole se mpastorano li asini co le saucicce e vorria arrobbare; e se non me sparafonda denanze, sarrá buono zollato.
Spagnolo. Si no me dais mis alforjas, os daré muchos palos en la cabeza.
Giacoco. Dice ca ce vole dare pale e muzzone di capezze d’asino.
Spagnolo. Calla, que soys borrachos.
Giacoco. Chessa è n’autra chiú bella: dice ca simmo vorraccie; pensa ca vindimu nsalate.
Spagnolo. Quiero mis alforjas.
Giacoco. Pe parte de fuorfece, te darrimmo no poco de mela iacciole e grisommole.
Spagnolo. No alojan en esta taberna sino putas y alcahuetos.
Giacomino. Cappio, chiudili la bocca con un pugno, ché piú non parli.