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atto secondo 333


Giacomino. Ma che posso rispondere, s’alla tua presenza me si liga la lingua, stupefanno i sensi e in me stesso muoio? Le mie parole sono semplici, come m’escono dal cuore, solo avvivate dal desiderio del mio cuore. Bisognaria che avessi la sua dolcissima lingua in bocca per poterle ben rispondere.

Altilia. A tanto amore non so come rispondere; non posso altro, in ricompensa, che donar me stessa a voi: e voi amando me, non amate me, ma una cosa vostra; né io son piú padrona di me stessa, ma sono una guardiana delle cose vostre.

Giacomino. Ed io abbissato nel centro del mio niente, come posso pagar cosí gran dono? perché se possedessi la monarchia del mondo, non tanto potria donarvi che non restasse piú di quel che dato avessi. Troppo è grande la vostra bellezza, troppi sono i meriti dell’onore, della saviezza e di tante altre sue leggiadrissime parti, che partite in molte donne, molte se ne arricchirebbono: basta dir solo che in voi sieno tutte le grazie, costumi e bellezze che si trovano sparte in tutte l’altre, e che in voi sola la natura ha voluto mostrare l’eccellenza del suo valore.

Altilia. Vorrei che poteste ascoltar quello che nel silenzio della lingua desidera palesargli il core: che se vi è pur alcuna cosa di buono, tutto vien da’ raggi del tuo sole che m’indorano tutta; da quello viene ogni mio bene. Ma ditemi, cor mio, come avete sopportata l’assenza di tanti mesi che non m’avete veduta?

Giacomino. In questa assenza ho provato di quelle crudeli e acerbe passioni che sanno far provare i vostri meriti. Ma pur in cosí infinito dolore m’ho meritato e guadagnato il premio della costanza e del valor della mia fede. Ho arso e bruciato bensí, ma in quelli miei incendi ho trovato quello alleggiamento che m’ave apportato la speranza di aver presto a rivederla, sperando che quegli occhi che mi avevano aperto il fianco, quelli poi avessero a risanar le mie piaghe. E voi, cor mio, come l’avete passata?

Altilia. Io rapita nel pensiero delle vostre qualitá rare e inimitabili, ho pasciuto l’intelletto di certo inusitato diletto che