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20 | la sorella |
Cleria. Perdonatemi di grazia, ché la dolcezza di parlar con voi mi fa trapassare i vostri comandamenti.
Trinca. Vostro padre v’è cosí da presso, che vi vede. Andate su e, poiché sète accordati in parole, accordatevi in fatti: informatela bene del negozio e fatecelo toccar con mano.
SCENA V.
Pardo vecchio, Trinca.
Pardo. Trinca, dove è Attilio?
Trinca. A casa; e stimo ch’abbia una gran facenda per le mani.
Pardo. Io son molto mal sodisfatto di lui, perché non li vedo far cosa che mi vada a gusto: è tanto mutato da quel di prima, che non mi par desso. Da quel benedetto giorno — per non dir maladetto, — che menò la sorella da Costantinopoli, menò seco la cagione della sua ruina. Ahi, tardo mio pentimento! Tutti i suoi pensieri tendono all’ozio. Prima, se alzava inanzi giorno, andava alla messa, poi allo Studio, tornava a casa, si poneva a studiare; e quando era l’ora del desinare, con gran fatica lo poteva distaccar da’ libri; poi si dicea l’ufficio della Madonna: tutto diligenza, ubidienza e divozione. Or, tutto il giorno in letto, non s’alza insin ad ora di desinare, non si parte da casa mai; ad ogni altro pensa fuor ch’allo studio; è divenuto insolente, mal creato, e mi beffeggia. Non va piú a messe, non dice officio; e la buona educazione, ch’ornava il suo nascimento, è tolta via da usanza cosí cattiva.
Trinca. Padrone, chi prattica con zoppi, al fin impara a zoppicare: vostro figlio è stato in Turchia, dove non s’odono messe, né si dicono uffici — che ben sapete che i turchi son mali cristiani, — né si usa levar mattino, né si va a Studio; anzi coloro che attendono a simili cose, li chiamano calamelechi, cioè uomini di poco conto.
Pardo. Tutto il giorno a gracchiar con la sorella, e rider fra loro; e quando io vi son presente, pis pis dentro l’orecchie,