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162 la carbonaria


Pirino. Non cosí splende il sole, quando ha alquanto ricoperti i suoi raggi di nuvoli, come le due chiare stelle de’ vostri begli occhi lampeggiano sotto la nera tinta, che a pena posso soffrire i suoi ardentissimi lampi; né cosí i carboni rilucono sotto il cenere, come porporeggiano i vostri labrucci di rubini: anzi la tinta istessa par troppo festosa e superba nella vostra faccia, né scorgono gli occhi miei cosa piú bella di lei. Deh, lascia questo non tuo, ma suo falso colore! sparisci via, invidioso carbone, e non celar piú al mondo quella faccia di rose, quelle carni impastate di perle, quel raro paragon di bellezza, dinanzi al quale ogni cosa, per bella che sia, par brutta; e come fin ora son stato uditore della suavissima sua voce, cosí sia spettatore della sua leggiadria: e se la voce mi rallegra, quanto mi fará beato la sua bellezza?

Melitea. Queste lodi non convengono alla schiava che ben conosce il suo proprio merito, ma alla generositá dell’animo del suo padrone.

Pirino. Dove è vero amore, non ci sono lusinghe e inganni.

Forca. Padrone, questo non è tempo da scherzi: abbiam bisogno di prestezza e che i fatti prevengano le parole, se non, siam rovinati.

Melitea. Oimè, non sono ancor finiti i nostri affanni? infelici noi, quando saremo felici? abbiam scampato da ladri, dalla casa e dalle mani del ruffiano, e in casa vostra ancor temo? chi piú infelici di noi, se anco nelle felicitá siamo infelici?

Pirino. Fate conto, signora, che la fortuna per questa volta ha fatto come il buon cuoco che, per tor la soverchia dolcezza delle vivande, ci mescola un poco di agresto; cosí per aver acquistata Melitea, per moderar tanta gioia, mi fa assaggiar questo poco di molestia: però, vita mia, entriamo e spogliatevi le vesti.

Melitea. Non si potrebbe ciò far senza spogliar le vesti?

Pirino. Perché, cor mio?

Melitea. Perché avendole vestite voi prima e or vestendole io, par che da tutte le parti sia abbracciata da voi.

Forca. Entrate, signora, e senza lasciar ponto di sollecitudine avanziamogli di prestezza. Eccovi la tinta di carboni,