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124 la carbonaria

SCENA III.

Panfago, Forca, Pirino.

Panfago. Come stai, Forca mio?

Forca. Per appicarti.

Panfago. Perché tanto male?

Forca. Perché non m’aiutavi.

Panfago. Son ito per aiutarti.

Forca. Con quel veloce córso?

Panfago. Con quel córso per darti soccorso.

Forca. Nel bisogno fuggi; dopo il pericolo vieni ad aiutarmi.

Panfago. Correa per tor armi e aiuto.

Forca. Non potevi senz’armi menar le mani?

Panfago. Non so menar le mani se non sovra i piatti.

Forca. Giurerei che hai bisogno di fregarti i polsi e le tempie di teriaca per i vermi per la paura.

Panfago. N’arei bisogno, ma non per la paura.

Forca. E di che cosa?

Panfago. Crepo della traditora fame.

Forca. Dio ti ci mantegna.

Pirino. Panfago, abbiamo bisogno di te; e se ci aiuti, te ne aremo obligo.

Panfago. Per acquistarmi la vostra grazia andrei nel fuoco.

Pirino. Se, non avendomi mai fatto servigio, la casa mia t’è stata sempre aperta, pensa che sará se ricevo da te cosí segnalato servigio.

Panfago. Ditemi, in che volete adoprarmi?

Pirino. Ma avèrti che bisogna che tu sia secreto: ci va la vita!

Panfago. Ce ne andassero mille!

Pirino. Però ti priego non farne motto ad alcuno.

Panfago. Mi fate torto a pregarmi di quello che è mio debito di fare.

Forca. Lo ci dirá, padrone.