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Terza. 271


Se dalla presa della coscia depende la fermezza a Cavallo, e dalla fermezza della vita la scioltezza della mano tanto necessaria per l’esecuzione con giustezza e buon garbo delle chiamate, come si è concluso nel capitolo antecedente, non può revocarsi in dubbio che da queste istesse deriva anche la buona grazia e quel garbo che dà risalto al maneggio delle armi, nel giuoco delle teste e anello.

Deve dunque il Cavaliere che si appiglia a dare esecuzione alla corsa dell’anello, o delle teste, situarsi nella positura istessa che si è indicata nel maneggio del Cavallo, affinchè la mano ed il braccio tutto possa essere nella sua scioltezza e in piena libertà di agire a suo talento, e a seconda che richiede il maneggio di quell’arme che deve esser messa in opera.

Diverse sono le arie che possono farsi con la lancia, e però è in libertà del Cavaliere la scelta di quella che più li piace, ed in tutte ne riporterà sempre l’applauso dovuto, quando sappia in esse conservare intatta la positura indicata della coscia e della vita, in maniera che queste non abbiano luogo di pigliar parte alcuna nell’azione della mano e del braccio, poichè allora non può a meno che il maneggio dell’arme sia esente dagli errori sopra additati.

Due sono quelle a mio parere, che sono le più vistose, e che ricevono più applauso


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