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sospetto, e qualunque apprensione che possa esser cagionata al Polledro dal montarlo e scenderlo con l’ajuto della staffa; montato che vi sia sopra, abbia sempre l’avvertenza di tenerlo alquanto fermo prima di metterlo in moto affinchè s’avvezzi a non partire, senza che ne preceda la chiamata di chi ha sopra.

Chi ha piacere, che il suo Cavallo sia ridotto a questo segno, creda pure con sicurezza di non sbagliare, che quanto più lo Scozzone averà sofferenza, tanto più presto ridurrà il Polledro al suo volere ed a quella docilità che si desidera; essendo indubitatamente falsa, ed inopportuna la tema, che una tal sofferenza sia per cagionare un inutile perdimento di tempo poichè all’opposto l’esperienza m’ha fatto conoscere, che anzi dall’affrettarsi malapproposito ne deriva il disordine, e tutti quei pregiudizi di questo genere, che bene spesso si vedono nei Cavalli fatti, non ostante, che vengano generalmente attribuiti tali difetti a tutt’altra cosa.

Quando lo Scozzone vede che il Polledro ha perduta ogn’apprensione di sentirselo addosso, e che nell’andar di passo rende obbedienza alle sue chiamate in forma che la guida non li serva che di compagnia, può chiamarlo al trotto, e reso obbediente a questo, può passare a chiamarlo al galoppo; indi può francamente abbandonare la tenuta della guida con farsi da-


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