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mili, nelle scese, nelle salite, e nelle infinite volte intrecciate tanto a una mano che all’altra, larghe e strette in forma di chiocciola, che andando sempre stringendosi, finchè non arrivavano a ridursi in un punto, dal quale retrocedendo sopra la medesima pista, ritornavano nella volta grande, e da questa senza intermittenza fino al punto, dove avevano cominciata l’azione per darli termine, che altro era? sennonchè obbligare il Polledro ad agir da se a seconda del meccanismo della sua macchina, come gli additava la natura, ed a far sì, che da se imparasse a promuovere, dirozzare, e risvegliare l’elasticità dei legamenti di tutte l’articolazioni, per introdurre nelle gambe ed in qualunque altra parte della macchina quella maggior possibile attività, che può somministrare ad esse l’arte, e per rendere ciascheduna delle medesime capace di supplire con esattezza al proprio incarico, ed in tutta la sua estenzione, come è d’uopo che sia fatto da chi vuol poter esigere dal Polledro la più esatta obbedienza e subordinazione.

Chi agisce per pratica, non sa quale sia la causa che produce l’effetto, e però non fu rilevato il pregio di questo sistema. E siccome i giovani abbadarono a far travagliare e fatigare più del dovere e della loro forza i teneri Polledri, in forma, che più erano quelli che si stroppiavano, di quelli che si riducevano


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