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mai a nessuno la chiave di casa; e quest’attesa la stancava e la umiliava. Seduta a quel medesimo posto, s’addormentava del sonno facile della fanciullezza, ma con l’orecchio teso anche nel sonno ad ascoltare i passi nella strada. A volte si svegliava di soprassalto, sembrandole che avessero picchiato, e usciva al portone e vi si fermava ascoltando i canti lontani o l’assiuolo nelle notti di primavera. La strada era deserta: lei sapeva che la vecchia non voleva si tenesse la casa aperta, di notte; eppure si compiaceva a disobbedirle. E s’azzardava a camminare, lungo il muro, fino alla casa del fabbro; poi tornava indietro col batticuore per la paura che, in quell’attimo, un malfattore fosse entrato in casa. O si fermava sul portone aspettando che qualcuno passasse, nella strada illuminata dalla luna, e pensasse poi a lei, così sola e orfana, e la sposasse. Quante volte aveva atteso così, con un’ansia superstiziosa! Il primo che passa è lui. E il primo che passava era un vecchio contadino o Un mandriano o un ubriaco tentennante.

Prima di condurre i bambini fuori, in chiesa o a visitare qualche parente, la vecchia le faceva la solita predica. Non si fermasse per la strada, non guardasse