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nonna, come i raggi della ruota intorno al pernio; si parlava del podere, dell’olio da vendere, di Stefano, di zio Predu che sarebbe venuto a fissare il giorno delle nozze.

In piedi, presso la tavola, la matrigna guardava Agostino: sentiva anche lei qualche cosa di vegetale, in quell’uomo rigido e fresco: sulle vesti di lui si notavano qua e là delle macchie verdi, come su un tronco d’albero. Le sue unghie erano piene di terra e tra i capelli pareva spuntassero dei fili d’erba. Ecco uno che poteva vivere senz’amore, che andava e veniva dalla valle portando negli occhi l’innocenza selvaggia della natura. Accanto a lui la donna inquieta sentì come il refrigerio del viandante stanco all’ombra di un albero: si calmò, disse sorridendo:

— E dunque avremo anche un altro sposalizio in famiglia.

Mikedda arrossì e chiuse gli occhi, con la speranza che il padroncino Agostino le dicesse almeno qualche parola insolente. Ma egli pareva non avesse neppure sentito le parole della matrigna, intento a scrivere dei numeri sul suo taccuino sporco, preoccupato al pensiero di dover vendere l’olio prima che i prezzi aumentassero.