Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/66


— 56 —

mente, dando ai campi un aspetto di lago turbolento: poi si ritira d’un tratto, come è venuta, ma lasciando i segni terribili del suo passaggio.

Adesso siamo in uno stato di armistizio; il tempo è tiepido, sciroccale, ma senza vento; si ha l’illusione di essere al principio della primavera, e le nuvole bianche, ramate, sopra i monti di là delle colline sembrano alberi in fiore; qui però tutto ancora è spoglio, e i fusti dei pioppi, in certi tratti d’acqua stagnante, emergono scuri e umidi come alberi di imbarcazioni naufragate.

Il vecchio guarda dalla porta della cucina il pezzo di terra, verso la strada comunale, cioè il più alto del suo campo, dove ha seminato il grano; e spera in Dio.

– Anche nei piattini, a Pasqua, per ornare il Sepolcro di nostro Signore, spunta il grano, senza terra, ma solo con un po’ d’acqua. Spunterà anche qui.

Io gli dico:

– Eppoi quest’anno la raccolta, per voi, sarà buona poichè il terreno vi sarà espropriato per la costruzione dell’argine: a buon prezzo: ed anche la casa.

Egli non risponde; ma neppure si turba. Egli spera in Dio.